Massimo Morsello, sulle note della rivoluzione

La destra sociale è sempre stata, fin dalla sua nascita agli inizi del secondo dopoguerra, una realtà indiscutibile, ramificata e complessa. Ha infatti racchiuso in sé fin dall’inizio una miriade di persone di ogni età, ogni ceto ed estrazione sociale: dagli avvocati ai manovali, dai meccanici agli studenti, fino ai terroristi e, addirittura, i cantautori.

La musica alternativa di destra, che trattava temi come la politica dell’arco costituzionale (e non), le idee sociali della destra, la storia, la mitologia, la tradizione e l’Europa, divenne fin dai primi anni ‘70 una realtà che ben presto si sviluppò in un vero e proprio fenomeno sociale. Tra i primi gruppi a nascere furono i romani NCP (Nuovo Canto Popolare) di Fabio Torriero, i veronesi ZPM, il Gruppo Padovano di Protesta Nazionale, la futura Compagnia dell’Anello, i celeberrimi milanesi Amici del Vento (che esordirono a Roma nel 1976 in un concerto organizzato dalle femministe di destra del gruppo Eowyn), e i romani Janus, per finire, ma siamo già negli anni Novanta, con i 270bis. Ma uno dei principali esponenti della “destra musicale” di quegli anni fu il cantautore Massimo Morsello, definito più volte come “il De Gregori nero”.

Ma chi era Massimo Morsello?
Nacque a Roma il 10 novembre del 1958, ed esordì come musicista di area nel giugno 1978 al Campo Hobbit II di Fonte Romana, organizzato dal MSI, con il nome d’arte di “Massimino”.  Negli anni Morsello, a causa della sua militanza nell’ala intransigente del FUAN (la sezione romana di via Siena, che ad un certo punto addirittura si separò dal MSI) venne più volte incriminato e condannato per vari capi d’accusa (tra cui raid squadristico, concorso in rapina, banda armata).

Durante gli scontri di Centocelle del 10 gennaio 1979, ad un anno dalla Strage di Acca Larentia, durante la manifestazione Morsello vide cadere accanto a sé (colpito da una pistolettata alla nuca) Alberto Giaquinto, che morì di lì a poco. Massimo si presentò come testimone oculare contro l’agente di polizia che aveva sparato al giovane, finendo per essere egli stesso incriminato con l’accusa di devastazione e saccheggio, poiché, dichiarandosi testimone, aveva ammesso la sua presenza alla manifestazione. Venne considerato membro dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) e, in seguito al processo denominato “NAR 1”, venne condannato a 8 anni e 10 mesi per costituzione di banda armata e associazione sovversiva.Per me e la mia gente

Poi, il 2 agosto 1980, una bomba nella stazione centrale di Bologna uccise 85 persone e ne ferì 200. E fu il caos.
Il mondo della destra, extraparlamentare e non, fu devastato da decine di arresti e centinaia di incriminazioni, tanto che Massimo Morsello fu costretto a lasciare l’Italia alla volta della Germania prima e dell’Inghilterra poi. Giunto a Londra assieme ad altri due NAR, fu arrestato l’11 settembre 1981 dalle autorità britanniche, in un’operazione che vide anche la cattura di Roberto Fiore (tra i fondatori di Terza Posizione) e di altre sette persone in seguito a un mandato di cattura internazionale per associazione sovversiva emesso dalla magistratura italiana, per poi essere successivamente liberato dopo alcuni mesi.

Nonostante la richiesta di estradizione per Morsello (che il governo britannico rifiutò), questi continuò a scrivere canzoni e a pubblicare brani di livello sempre più curati e di livello professionale. Il suo secondo nastro, “Nostri Canti Assassini – Canzoni dall’esilio”, fu pubblicato proprio dall’Inghilterra. Assieme a Fiore decise di mettersi a lavorare in proprio e di non dipendere da un datore di lavoro, che licenziandoli avrebbe potuto costringerli all’uscita dal Regno Unito e all’arresto automatico da parte delle autorità italiane. Nel 1986 i due iniziarono una proficua attività imprenditoriale: grazie all’amicizia ed al supporto di vari esponenti della destra locale, i due fondarono “Meeting Point”, ribattezzata successivamente “Easy London”, una società che forniva impiego e alloggio a giovani studenti e lavoratori intenzionati a vivere e lavorare a Londra per diversi periodi di tempo.

Nel 1996 pubblicò il video del concerto “Scusate ma non posso venire”, censurato inizialmente dalla polizia italiana. Per questo concerto rilasciò anche una bella dichiarazione al Messaggero:Intolleranza
«Per i miei amici lo sono sempre stato il De Gregori di destra, ma ora voglio uscire dal ghetto, farmi conoscere da tutti. Sarà il mio primo grande concerto ma sarà anche mi piace pensare, la festa di tutta quella destra estrema che ha smarrito identità e fiducia in se stessa. Per due ore potrò riemettere piede nella mia terra, da cui sono dovuto scappare sedici anni fa, e potrò farlo nel modo che preferisco, con la mia voce e la mia chitarra».
Purtroppo durante quel periodo gli venne diagnosticato un cancro non più curabile, per il quale si sottopose alla controversa terapia del Prof. Di Bella, a cui dedicherà la canzone “Buon Anno Professore”. Nel 1997 fondò Forza Nuova con Roberto Fiore. Nonostante le condanne pendenti e per le sue precarie condizioni di salute, nell’aprile del 1999 Morsello poté rientrare in Italia senza venire incarcerato, usufruendo dei benefici della Legge Simeone. Massimo Morsello morì a causa del suo cancro a Londra, il 10 marzo 2001.

La sua carriera di musicista e cantautore, che con la sua musica caratterizzata da un tradizionale songwriting a base di chitarra acustica e armonica, ha accompagnato intere generazioni di Militanti con la M maiuscola.
Ma la grande avventura che è stata la sua vita è stata ricca di esperienze assolutamente attuali e dalle quali si può prendere spunto, sia nell’analizzare ciò che fece lui, sia per analizzare noi stessi, e le nostre figure di militanti di destra: cosa siamo noi? Per cosa combattiamo? Ha ancora senso portare avanti le nostre battaglie come ha fatto Massimo, fino all’ultimo giorno delle nostre vite, oppure non sarebbe meglio per tutti arrendersi, e consegnare la nostra bella Terra nelle mani di un grigio e triste miscuglio di multiculturalismo e liberismo, che di valori e ideali se ne infischia beatamente, pensando invece solo ad arricchirsi?

Il buono che Massimo Morsello ci ha lasciato è il suo non essersi mai arreso, nemmeno quando lo accusarono di essere un terrorista o quando gli diagnosticarono un cancro incurabile. Continuò per la strada che aveva scelto, e che lo aveva portato a dover fuggire dalla sua Patria, che aveva fatto voto di difendere dalla palude libertaria che sempre di più stava facendo presa nel mondo occidentale. E l’ha sempre fatto con il sorriso di chi sa di stare facendo la cosa giusta. Con il sorriso, e la chitarra. Nei suoi testi trasferì in musica i temi della militanza politica, in particolare nel suo secondo album Nostri Canti Assassini, composto interamente agli inizi della latitanza nel 1981 tra Germania ed Inghilterra, che rappresenta una sorta di summa esistenziale sulle vicende della generazione degli anni di piombo attraverso il filtro dell’esperienza personale.

Massimo Morsello incise cinque album per 47 tracce, più numerosi pezzi fuori dalle raccolte. Nell’arco di vent’anni, Massimino cantò rivendicazioni orgogliose di sapere bene quale fosse la “gente migliore”. Lanciò nel cielo i “Nostri Canti Assassini”, inno di intere generazioni, trattenne tra le mani “Il nostro povero cuore” spezzato da una vita bastarda, e scrisse inni dolenti alla Patria lontana come “Figli di una frontiera”.

Ma, tra tutte, “Intolleranza” è uno dei suoi lavori meglio riusciti non solo a livello di contenuto, ma di vera e propria esecuzione. La linea pulitissima di chitarra acustica, la batteria sullo sfondo che scandisce il tempo con un ritmo lento e dolce e la voce calda e quasi “antica” – non la si può descrivere meglio altrimenti – di Massimino contribuiscono a rendere questo brano una vera pietra miliare non solo della musica alternativa di destra, ma anche della musica italiana.

Come egli stesso dichiarò alla rivista Groarrr!, nel Settembre del 1997, la sua esperienza musicale iniziò in un modo anche piuttosto buffo:
«Avevo più o meno diciassette o diciotto anni, ma forse due o tre anni prima del mio impegno politico avevo scritto delle canzonette per delle ragazze di cui mi ero via via innamorato. A diciotto anni ho scritto per descrivere una situazione che mi aveva esaltato in maniera particolare, e cioè gli incidenti di piazza contro il carovita, la canzone era “Battesimo del fuoco”, che mi rese una grossa soddisfazione dal punto di vista di ricreare delle situazioni che avevo scoperto e vissuto in piazza circa questo battesimo, su questi incidenti con le forze dell’ordine… poi una tira l’altra ed ecco per me e la mia gente che voleva raccontare il modo in cui si viveva tra camerati. In quegli anni il fatto stesso che un gruppo anche se ristretto di persone apprezzasse e si ritrovasse in quello che scrivevo e cantavo… le stesse sensazioni, mi ha invogliato a farlo ancora e a continuare negli anni».

Morsello non si è però mai dichiarato un grande ascoltatore della cosiddetta musica alternativa di destra anche se, ironicamente, negli anni ne divenne uno dei suoi principali esponenti. Mentre la maggior parte dei musicisti italiani di destra furono (e sono tuttora) influenzati dalla musica celtica o dalla musica Oi!, Morsello ammise , durante l’intervista al Messaggero del settembre 1996,
«Ascoltavo solo cantautori. De Andrè, Guccini e De Gregori. La sua “Rimmel” era la mia canzone preferita. Mi dava calma ed energia. Scrissi la mia prima canzone “Battesimo del fuoco” il giorno dopo gli scontri violenti di Piazza Colonna. Non mi è mai piaciuto invece Battisti e detesto Battiato, due che pure, a quanto si dice, hanno simpatie di destra (…) Ma lui [De Gregori] resta il mio modello musicale, anche se so che la cosa non gli fa piacere. M’interessa il musicista, non la persona. Mi piacerebbe conoscerlo, sapere tutti della sua tecnica e delle sue canzoni».

I suoi primi lavori, scritti e prodotti con il nome d’arte “Massimino”, nome che gli rimarrà appresso, sono composizioni scarne (per l’appunto voce, chitarra ed armonica), mentre nei lavori successivi, da Intolleranza del 1990 (il più ermetico ed il meno direttamente politico degli album di Morsello) in poi, Morsello iniziò a sviluppare il suo stile sempre più riconoscibile e personale, influenzato da contaminazioni psichedeliche, soprattutto in canzoni come “Otto di Settembre” e “Vandea”, tanto che arriverà ad un certo punto ad avvalersi di una vera rock band. Dagli album successivi Punto di non ritorno del 1996, la raccolta (oggi diremmo best of) Massimino del 1997 e La direzione del vento del 1998, Massimino scrisse testi via via sempre più esplicitamente politici, su argomenti come i suoi ideali nazionalrivoluzionari, il fascismo, l’aborto, il carcere, la lotta alla droga ed il senso dell’Unione Europea in quegli anni oltre che sulle sue consuete tematiche esistenziali di militante e latitante.

Disgraziatamente, a causa dei pregiudizi che sono divenuti l’anima di questo paese e complice la censura del sistema politico dominante e a causa dell’inazione della destra quando andò al governo, l’ascolto più o meno frequente della sua musica resta comunque limitato agli ambienti della destra o del neofascismo italiano, lontano anni luce dal grande pubblico e dai critici (restando comunque il cantautore italiano di destra più venduto, vendendo 15.000 copie del suo disco Punto di non ritorno).

Ma nella sua carriera questo suo “basso profilo” gli permise di fare cose che cantautori ben più famosi di lui nemmeno potevano immaginare, come quando riuscì a giocare uno scherzo al principale quotidiano comunista italiano, Il Manifesto, facendo pubblicare un estratto del disco La Direzione del Vento del 1998, definendolo come “veramente rivoluzionario” e mettendo in risalto delle posizioni di solidarietà per la causa dei Palestinesi ed anti-Maastricht. Il quotidiano comunista lo pubblicò inconsciamente in una mezza pagina interna, elogiandolo ed esprimendo solidarietà e approvazione. Solo il giorno seguente, in seguito alla segnalazione di alcuni lettori, il giornale si rese conto di quanto accaduto, pubblicando un articolo di scuse nei confronti dei lettori e restituendo i soldi del compenso al cantautore.

Questo è stato Massimo Morsello: l’emblema di un’opzione nazionalrivoluzionaria che faceva della sua purezza la sua bandiera, che credeva in determinati valori e che non aveva paura di ammetterlo davanti al mondo intero, come egli stesso lo diceva, nell’intervista al Messaggero del giugno 1996

«Non sono né un pentito né un dissociato. Sono più che mai fascista e Benito Mussolini resta il mio modello di uomo politico. Ma ho sempre detestato la violenza, allora e oggi. Le botte ai clienti morosi è una montatura della lobby ebraica legata al partito laburista. Che i giornali italiani hanno ripreso e per questa calunnia hanno pagato un’ottantina di milioni. Tutto documentabile. I naziskin? E’ vero ne abbiamo qualcuno con noi ma lavorano sodo e li abbiamo tolti dalla strada. La verità è che noi diamo fastidio. Siamo un’organizzazione incontrollabile, che non ha un pound di debito con le banche e questo è il nostro fiore all’occhiello. Ma non il solo. La Meeting Point applica il modello fascista di corporativismo e socializzazione degli utili».

Queste poche righe sono state scritte non solo per analizzare la figura di Massimino, ma soprattutto per far riflettere il lettore su ciò chi è, su ciò che crede e su come può combattere in difesa dei suoi ideali, perché proprio come lui diceva nella canzone “Noi non siamo uomini d’oggi”,

Noi non siamo uomini d’oggi
Siamo nati in un tempo sbagliato
Ma siamo nati per davvero.

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