L’Europa, o va a destra, o non si fa!

Sono passate meno di due settimane dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, e già fervono le trattative, i sondaggi, gli abboccamenti per pensare alla futura Commissione Europea, per ora di là da venire.

Primato della Politica

Un nome ricorrente è quello di Margrethe Vestager, del Partito Social-Liberale danese; un altro nome che viene fuori è quello di Manfred Weber, cristiano-sociale di lungo corso. Altri ancora ne verranno fuori. Tutti però hanno in comune il tratto di appartenere a partiti centristi e di fondarsi sulla prospettiva di una maggioranza centrista composta da “popolari”, socialdemocratici, liberali e verdi.

Con le elezioni di Junker come presidente della commissione europea, nel 2014, si è confermata la tanto storica quanto innaturale alleanza tra Partito Popolare Europeo e Partito Socialista Europeo; un intesa talmente disastrosa da far perdere grandi consensi sia ai due partiti europei che alle forze che li compongono. L’Aggiunta dei liberali dell’Alleanza dei Liberali e Democratici Europei ha completato il quadro.

A causa dei movimenti migratori successivi alla primavera araba le destre conservatrici sono riuscite ad ottenere larghi consensi dell`elettorato.

L’insoddisfazione espressa da tali partiti si è rivolta in primis contro le istituzioni Europee incapaci, a causa della programmatica distruzione di sovranità e di dannosi principi globalisti e liberali a cui esse sono troppo ancorate, di dare una soluzione a tale problema. E, più che incapaci di provvedere a una soluzione, incapaci di volerlo, o di vedere il problema.

Alcuni di questi partiti, contrari all’ unione stessa, hanno portato lo scontro con le istituzioni europee su un tono ancora più duro, traghettando le posizioni di alcune forze di destra a livelli totalmente anti europeisti.

Molto più conveniente invece per i partiti di destra, ma anche per tutti noi europei, sarebbe si in primis spostarsi su posizioni più che europeiste autenticamente europee, mettendo in evidenza le criticità dell’ Unione stessa ed al contempo portando proposte comuni dei vari movimenti identitari e conservatori.

La costituzione di una spinta comune delle forze di destra gioverebbe agli equilibri politici di tutta Europa: da una coalizione centrista sempre più stiracchiata e contraddittoria, a una coalizione tra i popolari e i movimenti identitari e conservatori.
Ed è una prospettiva interessante. Il Partito Popolare, con il suo nuovo candidato Manfred Weber, avrebbe solo da guadagnarci in un alleanza con i conservatori ed identitari Europei. Inanzi tutto prenderebbe le distanze dal Partito Socialista Europeo, mettendo quindi fine ad un lungo e tragico capitolo che ha portato l’Unione Europea a diventare il tempio di globalismo, liberalismo e odio per l’autorità politica.

Se infatti dovesse riproporsi la solita alleanza, con la conferma dei liberali e con l’aggiunta dei Verdi, si continueranno a demonizzare le spinte identitarie e sociali, senza tuttavia essere in grado di creare una identità europea. E questo è un rischio anche per le forze di destra, perché, per reazione e per ottenere consensi, adotteranno posizioni ancora più particolariste e isolazioniste.
Di più, mantenendo tale alleanza sarà necessario insistere nelle attuali, folli politiche di accoglienza, disastrose e che per coerenza i partiti di sinistra non possono negare e anzi devono esigere.
Questa continuazione dell’alleanza centrista, cosa più importante, continuerebbe a mantenere questo gioco folle di contrappesi che difficilmente porterà alla nascita di qualsivoglia cooperazione politica o addirittura a un embrione di autorità autenticamente democratica e, quindi, autenticamente politica a livello europeo.

D’altra parte un alleanza a destra permetterebbe una collaborazione con partiti lasciati fino ad oggi “alla porta” che, accettando l`alleanza con le forze del Partito Popolare Europeo, saranno obbligati a rispettare le “regole” europee; tuttavia, potranno pesantemente influire sulla Commissione e quindi sulle proposte che essa porterà al parlamento ed al consiglio. Tali proposte saranno potranno finalmente fornire rimedi efficaci contro l’alluvione etnica, optare per una politica economica più protezionistica (se funziona in America perché in Europa non dovrebbe?), e finalmente si potrebbero affrontare i grandi mali congeniti dell’Unione: la paura della nascita di un’Europa unita, armata e indipendente e la grande paura dei nazionalismi, incentivando la consapevolezza delle comuni radici europee in favore dell’identità europea.

E magari, questa volta, non sarà un Husaria alato a salvarti Europa, ma forse un vento dell’Est.

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