Ricostruire l’armonia perduta: per un nuovo rapporto tra Uomo e Natura

Negli ultimi mesi si è andato ad evidenziare quello che ormai ha preso il nome di fenomeno Greta. Tale fenomeno “ecologista”, di cui molto è già stato detto, nelle sue campagne e scioperi non fa altro che dire, a coloro che invitano Greta Thundberg come testimonial, «Siete cattivi, non inquinate!». L’unico risultato, oggettivo, che  si è ottenuto è stato l’abolizione dell’utilizzo delle plastiche monouso a partire dal 2020. Purtroppo questo non andrà a impattare realmente sull’inquinamento in quanto si continuerà a produrre plastiche. Semplicemente si andrà ad aprire un nuovo mercato, come già successe proprio con la nascita della plastica.

Appare quindi evidente che all’origine di questo fraintendimento è un’interpretazione quantomeno problematica del concetto di “ambiente” e di “natura”. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

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Per prima cosa è necessario capire cosa si intende per ambiente: il dizionario Treccani, lo definisce in questo modo: “ambiènte s. m. [dal lat. ambiensentis, part. pres. di ambire «andare intorno, circondare», In biologia, si intende l’insieme delle condizioni fisico-chimiche (temperatura, illuminazione, presenza di sali nell’acqua e nel terreno, ecc.) e biologiche (presenza di altri organismi), in cui si può svolgere la vita degli esseri viventi: a. terrestre, marino, d’acqua dolce, ecc.; le relazioni tra organismi e ambiente, oggetto di studio dell’ecologia. Con sign. più concr., la natura, come luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue risorse, i suoi equilibrî, considerata sia in sé stessa sia nelle trasformazioni operate dall’uomo e nei nuovi equilibrî che ne sono risultati, e come patrimonio da conservare proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione, dall’inquinamento: la difesa, la tutela, la salvaguardia dell’a.; politica dell’a.; ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare […]”.

Come si vede dal significato stesso del termine, l’ambiente e la tutela dello stesso, che è un tema centrale nella vita quotidiana, riguarda sia l’ambiente naturale in senso stretto sia gli interventi che vengono svolti dall’uomo. Riguarda quindi l’ambiente antropico.

Si mette in luce, perciò, quanto siano interconnessi i rapporti tra la Natura e l’Uomo; si mette anche in luce che Natura e Uomo non sono slegati l’uno dell’altro, come spesso viene inteso. Per questi motivi, non si può avere una visione disgiunta della natura e delle attività antropiche.
Bisogna interrogarsi quindi su come rendere omogenei questi due aspetti nella mentalità comune, e non se sia necessario superare tanto un’ottica esclusivamente ecologistica che esclude l’uomo dalla dell’ambiente, quanto un’ottica puramente antropocentrica in cui la natura è solamente uno strumento da sfruttare. Attualmente, in entrambe le visioni, l’essere umano viene posto all’esterno dell’ambiente naturale, relegandolo alla funzione o di figura distruttrice o di forza protettrice della natura.

Per poter parlare di superamento di queste visioni, vale a dire per reintegrare l’uomo nell’ambiente, è necessario prima di tutto comprendere che non si può asservire, come sta succedendo oggi giorno, tutto il mondo ad un sistema economico e produttivo puramente finalizzato al profitto. Questo perché l’ordine economico attuale, che è un costrutto questo sì puramente umano slegato dalla natura, va a tutelare solo ciò che dà profitto anziché ciò che è necessario per il bene comune: in questo ambito la salvaguardia di tutti e della vita del pianeta.

Nonostante le volenterose misure, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente non cambia, perché non si riesce a mettere in discussione il sistema generale e di conseguenza non cambia radicalmente il tasso di inquinamento prodotto da questo sistema. Effettivamente, la critica del “Fenomeno Greta” alle abitudini dei privati o ad aspetti relativamente marginali manca l’obiettivo doppiamente: da un lato pone l’Uomo in alterità con l’ambiente, e dall’altro non incide sulle cause prime.

Ciò che realmente inquina, ciò che realmente mette in discussione la sostenibilità della vita umana sul pianeta, non è la plastica monouso o l’emissione di CO2 di un’auto, ma un sistema che impone la produzione di ingenti quantità di rifiuti attraverso un consumismo estremo, il cui unico fine è alimentare il Mercato, ribaltando il rapporto funzionale: dal mercato che produce per soddisfare i bisogni, ai bisogni che esistono per sostenere il Mercato. Basti pensare al meccanismo dell’obsolescenza programmata: telefoni cellulari, automobili e tutti i prodotti negli ultimi anni vengono pensati, progettati e fabbricati con in mente una data di scadenza. Questo meccanismo produce l’effetto perverso che ogni pochi anni sia necessario sostituirli. rottamando il vecchio.
Gli effetti economici sono noti, così come gli effetti sociali, che si inseriscono in una visione del mondo che ripudia la durevolezza. Gli effetti ambientali di questa corsa alla produzione drogata si concretizzano nella generazione continua di rifiuti formati da plastiche, metalli rari, sostanze chimiche ed altro ancora. Queste sono tutte sostanze difficilmente o impossibili da riciclare e che in origine sono risorse non rinnovabili, e che quindi termineranno. E dopo?

Questa la situazione. Per citare un famoso titolo, “Che fare?

La strada è quella di uno sviluppo che sia sostenibile. Ciò che si può e bisogna fare per poter tutelare e vivere il proprio ambiente sviluppandosi con esso, non è semplicemente proporre fittizie politiche ecologiche. Queste misure, seppure demagogiche e accattivanti, non mettono in discussione il primato di un’economia distorta e degradata nell’idolatria del Mercato.

Per cambiare passo, per assicurarci un’esistenza realmente duratura, è necessario stravolgere completamente l’ottica della primazia di un mercato ormai cieco e avvolto in una spirale autodistruttiva. Come fare? Adattando il sistema produttivo a produrre ciò che serve, in un’ottica di una reale attenzione ai bisogni della natura e quindi anche dell’Uomo per la propria sopravvivenza.

Vivendo così NEL nostro ambiente e non come facciamo ora che viviamo SUL nostro ambiente.

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