Caso-Greta: contro l’ambientalismo, per l’ambiente

In questi giorni, anzi: in queste settimane, si sta facendo un gran parlare del caso di Greta Thunberg, detta con gran studio da tutti i media possibili semplicemente “Greta“. Greta è una ragazza svedese di 16 anni che è salita (o è stata fatta salire?) agli onori delle cronache per aver lanciato l’idea dello “sciopero studentesco per il clima”.

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Visto che non siamo né bigotti, né stupidi, vogliamo dire due cose a proposito di questa ondata che sa poco di genuino interesse mediatico e molto di macchinazione studiata appositamente.

Come prima faccenda da chiarire, ci teniamo a dire che tutte le isterie sul “non andare a scuola” non ci appartengono. La scuola serve, per costruire non solo il nostro futuro personale, ma anche per avere i mezzi con i quali costruire una nuova Italia. Tuttavia, una volta qualcuno disse: «Nei momenti felici, la gioventù di una grande nazione prende gli esempi. Nei momenti difficili li dà».
Ebbene, noi consideriamo sacrosanto scendere in piazza a protestare per qualcosa di Giusto e di Vero. Specularmente, conosciamo troppo bene l’animo umano per non sospettare che molti di quelli che lanciano strali sugli “studentelli fancazzisti” siano stati, in gioventù, completamente apatici, apolitici, insomma: ignavi, e che gli improperi che ora lanciano servano soprattutto a nascondere a loro stessi la pavidità di allora. Fatta questa premessa per dar giusto conto agli ignavi, ai tremebondi, ai calunniatori di ogni specie e razza, vediamo di confrontarci sulla questione centrale. Se, quando è necessario, siamo pronti a scendere in piazza, è da vedere cos’è questa iniziativa dello “sciopero studentesco per il clima”.

Di base, è sacrosanto difendere ciò che ci è stato dato e trasmetterlo a chi verrà dopo di noi. La “tradizione” non è la vetusta anticaglia che si trova fra i piedi senza comprenderne bene il significato, ma è ciò che i nostri antenati, i nostri padri ci hanno consegnato di vivo e fremente, ed è ciò che dobbiamo conservare, altrettanto vivo e fremente, per noi e per chi viene dopo di noi. I nostri fratelli, i nostri figli, i nostri discendenti.
Ed è ancora più sacrosanto difendere il nostro mondo. A nessuno piace respirare aria fetida, a nessuno piace osservare acque più dense del petrolio che bagnano i nostri campi, da dove raccogliamo il nostro mangiare. Pertanto la difesa dell’ambiente non solo è giusta, ma è anche necessaria anche dal nostro punto di vista. E questo basti a chi, soprattutto in certi ambiti politici, tende ad annettere la difesa dell’ambiente ad una sola area. L’ambiente è di tutti, e tutti si devono impegnare a difenderlo.

Ora che abbiamo fatto queste due premesse, è da farsi una considerazione più pregnante. Il fenomeno di questa “Greta”, questa isteria colossale che sembra avvolgere concupiscente tutti i media, tutti i lor signori, tutti i santoni più o meno progressisti, questa “Greta-mania”, è un fenomeno completamente costruito.

Lo nota anche il biologo Enzo Pennetto, quando fa giustamente notare che nessun quindici-sedicenne sarebbe in grado da solo di farsi ricevere nei vari parlamenti o perfino in Vaticano. Esiste quindi un’azione concertata, un disegno specifico, teso a mandare avanti questa ragazza per rilanciare il grande allarmismo climatico.

Il che non sarebbe poi un problema in sé (salvo che per l’onestà di chi arruffa le folle), ma viene ad esserlo quando una tesi “scientifica” sul riscaldamento globale viene elevata a dogma assoluto e soprattutto incontestabile. Peggio, questa tesi viene abbinata a una concezione di fondo assolutamente terrorizzante: il bene supremo non è l’Uomo (figuriamoci il Sacro, ma siamo nel 2019 dopotutto), ma l’ecologia. In funzione dell’ecologia, l’uomo viene degradato al livello di qualsiasi animale, per di più un animale particolarmente infestante.

In questo modo, la favoleggiata “protezione dell’ambiente” non è più un elemento da tenere in grande conto nel perseguimento dello sviluppo umano, ma è l’obiettivo stesso, ed è un obiettivo che non accetta bilanciamenti: l’ambientalismo giustifica qualunque provvedimento, anche che limiti lo sviluppo e la promozione umana. Da elemento centrale in ogni società che deve per il suo stesso bene vivere in armonia con l’ambiente, l’umanità diventa quindi il depositario di ogni colpa, e ogni accorgimento teso a limitarla guadagna una sua legittimità ulteriore.

La battaglia per l’ambiente è buona in sé, ma nell’ambientalismo attualmente mainstream si colora di una minacciosa prospettiva anti-umana. Viene sì sacralizzato l’ambiente, ma la natura che rimane, quella che non è verde e non è agitabile come un feticcio, è violabile, violabilissima quando si tratta dell’uomo. Questo massacro della natura umana è su tutti i fronti: si stanno scalpellando via le pietre angolari della famiglia, dell’identità sessuale, si sta ipersessualizzando perfino la preadolescenza, si sta aggredendo il mercato del lavoro per ristrutturarlo in senso liquefatto.

Questa assurda doppia facciata, benigna con gli alberi ma ferocemente antiumana, è la vera natura dell’ambientalismo in voga. Ed è per questo che noi, che alla natura ci teniamo davvero, dobbiamo opporre un modo di pensare e di proteggere l’ambiente che non disprezzi quanto c’è di buono nelle attuali tesi, ma che aggiunga una marcia in più, e che soprattutto ci protegga.

Ed è questa la sfida per il futuro: proteggere tutta la natura, da dentro l’uomo a tutto il mondo. Proteggere la natura, con un modello organico non di impossibili ritorni al primitivismo, ma di crescita non “nonostante l’ambiente” ma “con l’ambiente”. Ed è una battaglia necessariamente europea. Ma della vera Europa.

Stay tuned.

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