Italia coloniale: la guerra d’Etiopia

Oggi (3 ottobre) 86 anni fa, iniziava l’invasione da parte del Regno d’Italia dell’Impero Etiope al comando del generale Emilio De Bono, dando inizio a quello che sarebbe poi diventato uno dei più grandi successi militari dell’Italia fascista: la campagna d’Etiopia.

Situazione politica nel Corno d’Africa prima dell’inizio delle ostilità

La guerra d’Etiopia cominciò il 3 Ottobre 1935, finì il 5 Maggio 1936 e durò poco meno di sette mesi, sette mesi nei quali le forze etiopi dovettero affrontare l’esercito e l’aeronautica militare italiani superiori in numero e tecnologicamente più avanzati, conducendo però una resistenza che mise in seria difficoltà le truppe italiane, soprattutto nei primi mesi del conflitto. Prima di parlare della guerra nella sua interezza è necessario capire il contesto sociale e geografico nel quale si svolsero i fatti.

SITUAZIONE ANTEGUERRA

L’Etiopia è una regione situata nell’entroterra del corno d’Africa che confinava, al tempo, con la Somalia italiana, inglese e francese, l’eritrea italiana, il Sudan e il Kenya britannici ed era governata da un imperatore appartenente alla dinastia Salomonica, Hailè Selassiè.

All’Italia appartenevano appunto le regioni limitrofe dell’Eritrea e della Somalia, importantissime da un punto di vista strategico nel caso di una guerra di conquista dell’Etiopia poiché avrebbero consentito di sferrare un attacco da più fronti, nord e sud.

Le ragioni del conflitto sono da ricercare nel fatto che il regime voleva consolidare da un punto di vista sociale e internazionale il suo potere, mostrandosi agli occhi della lega delle nazioni come un impero saldo e consolidato; fu inoltre il compimento di una delle grandi istanze della propaganda politica del governo. Non è raro infatti imbattersi in miriadi di vignette propagandistiche o raffigurazioni sui libri di testo scolastici dell’epoca, raffiguranti scene del conflitto o soldati italiani che issano un tricolore acclamati dalle popolazioni locali.

Per quanto riguarda gli armamenti ci si deve concentrare quasi interamente sulle forze terrestri, poiché l’aeronautica militare etiope era praticamente inesistente e quella italiana poteva contare su poche centinaia di caccia e bombardieri che vennero utilizzati solo in alcuni casi durante tutto l’arco del conflitto. Gli italiani nonostante l’enorme mobilitazione di truppe terrestri, circa 1.3 milioni di soldati di fanteria leggera, sul campo non dispiegheranno mai più di 450.000 unità, la maggior parte degli uomini veniva infatti impiegata nella logistica e nella costruzione di opere nelle retrovie. Le forze etiopi potevano contare su un potenziale di 800.000 uomini, tuttavia il sistema simil-feudale con il quale era organizzato l’esercito non consentì agli africani di sfruttare al meglio questo potenziale, racimolando poco meno di 400.000 unità. In Etiopia non esisteva una vera e propria leva militare, ma piuttosto una chiamata alle armi da parte dell’imperatore, che chiamava a raccolta i Ras regionali fedeli al monarca, che a loro volta chiamavano a raccolta i vari capi tribù fedeli a loro fedeli, i quali infine radunavano le proprie armate. Questa forma di reclutamento permetteva all’esercito di avere delle truppe più disciplinate data la loro fedeltà al proprio comandante, seppur in minor numero.

L’addestramento delle forze africane era inoltre poco efficiente e di scarsa efficacia, l’unica forza armata ad aver ricevuto un addestramento completo, simile a quello degli eserciti occidentali era la guardia imperiale; quest’ultima era anche l’unica forza a possedere armamenti relativamente moderni e ad indossare un’uniforme, tuttavia i suoi numeri erano molto esigui, circa 5 o 6 brigate, ovvero circa 20.000/24.000 uomini.

IL CONFLITTO

Il piano d’attacco italiano consisteva in un attacco da due fronti, entrambi volti ad arrivare alla capitale Addis Abeba situata esattamente al centro del paese: uno che avrebbe attaccato da nord partendo dall’Eritrea comandato da Emilio De Bono e uno che avrebbe attaccato da sud comandato da Rodolfo Graziani dividendosi su due direttrici, in modo da poter attaccare la capitale da tre fronti.

Gli etiopi fecero l’errore di concentrarsi maggiormente sul fronte nord lasciando il fronte sud praticamente scoperto. La mattina del 3 Ottobre le truppe di De Bono cominciarono l’avanzata senza neanche una dichiarazione di guerra, che fu poi rilasciata dall’Impero etiope. La comunità internazionale riconobbe l’Italia come aggressore e il 7 Ottobre rilasciò un ultimatum che le intimava il ritiro delle truppe, pena l’imposizione di sanzioni economiche.

De Bono inizialmente avanzò praticamente indisturbato fino a quando il 15 dello stesso mese non conquistò la città di Macallè dove cominciarono le difficoltà per gli italiani, infatti per problemi logistici dovuti alla mancanza di strade le truppe avanzarono lentamente fino a fermarsi poco più a sud della città. Il governo italiano pressava per una avanzata e non contento della lentezza con cui De Bono conduceva le operazioni, il generale venne rimpiazzato con Pietro Badoglio il 30 Novembre. Badoglio attaccò gli ultimi giorni di dicembre usando anche armi chimiche riuscendo a disperdere l’esercito etiope.

Intanto sul fronte Somalo le forze italiane procedettero speditamente incontrando la sola resistenza delle truppe del Ras Desta, che però vennero disperse grazie all’aiuto dei bombardamenti dell’aeronautca.

Il 27 Aprile si svolse l’ultima battaglia del conflitto nella quale grazie anche ad un massiccio uso di armi chimiche le armate etiopi furono completamente disperse. Nei giorni successivi l’Imperatore Hailè Selassiè fuggì nella Somalia francese, il 6 maggio 1936 Badoglio marciò su Addis Abeba e il 9 Maggio Mussolini dichiarò la nascita dell’Impero.

“TUTTI I NODI FURONO TAGLIATI DALLA NOSTRA SPADA LUCENTE E LA VITTORIA AFRICANA RESTA NELLA STORIA DELLA PATRIA, INTEGRA E PURA, COME I LEGIONARI CADUTI E SUPERSTITI LA SOGNAVANO E LA VOLEVANO. L’ITALIA HA FINALMENTE IL SUO IMPERO”

Benito Mussolini, 9 maggio 1936,  Discorso di proclamazione dell’Impero

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