Limes

Si fa un gran parlare di “confini” da difendere o da cancellare, così come della loro inerente natura antiquata. Per averne un concetto migliore si può tornare all’epoca di Roma e cercare di capire come i Romani intendessero porsi in rapporto a questo concetto.

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Il termine Limes può avere un doppio significato, quello attribuito ai giorni nostri di “Confine” o “Limite” che poteva essere rappresentato anche da ostacoli naturali, quali alte montagne o lunghi corsi d’acqua, oppure il significato attribuito dagli antichi Romani, quello di “Strada”.

Ciò che ha fatto sì che ai confini dell’Impero non si costruissero solo alte mura a dividere i territori civilizzati da quelli del Barbaricum, ma anche numerose strade, è stata una strategia militare. Questa strategia militare permetteva ai legionari di guardia di poter intercettare il nemico ancor prima che potesse saccheggiare le città, perché i romani erano consci di non poter sempre evitare che i barbari entrassero ma, sicuramente, potevano evitare che andassero oltre il confine. Questo era possibile solo grazie ad una intricata rete di strade.

Per i romani, il “Limite” o quella che poi è divenuta una frontiera non era una linea retta con spesse mura a dividere Roma dall’ignoto. Piuttosto, la concepivano come un’ampia zona ben fornita di soldati e di un Dux Limitis, cioè un comandante che organizzasse l’assetto di tutte le truppe stanziate a difesa del confine.

Uno dei più importati Limes Romani attraversava Inghilterra e Scozia nel punto di minima estensione dell’isola a nord dell’Impero. Il Vallo di Adriano, lungo 117km, è la fortificazione costruita nel II secolo dall’imperatore Adriano come difesa dalle invasioni dei Pitti, l’antico popolo fiero e coraggioso che abitava l’attuale Scozia. Lungo le sue mura troviamo 15 Forti nei quali venivano dispiegati fino a 12000 uomini ben addestrati, pronti ad occupare le 158 torri, le 80 porte fortificate e centinaia di chilometri di strade.

La vita all’interno dei forti non era caotica e disorganizzata ma, visto l’alto numero di soldati, vigevano disciplina, ordine ed estrema dedizione nella difesa del proprio territorio dalle invasioni. I soldati però non erano monaci: non mancavano banchetti occasionali e battute di caccia, che servivano nel tenere impegnato il legionario nel poco tempo libero che aveva dopo l’eterna guardia.

Per tenere a bada i Barbari, tuttavia, non si utilizzavano soltanto l’oppressione e le continue guerre. Con alcuni clan si attuò una sorta di civilizzazione, formalizzata da scambi di doni, principalmente i romani donavano preziosi utensili e oggetti ornamentali d’argento, lavorati da abili artigiani. Spesso però i popoli oltre il confine apprezzavano molto di più il materiale rispetto alla fattura del prodotto, e rompevano l’utensile in varie parti per poterlo dividere con i guerrieri.

Un altro importante Limes antico di quasi duemila anni è quello che si inoltra nei fitti boschi della Germania, dove la fanno da padrone oltre 500 km di torri e forti, inizialmente costruiti in legno, poi rafforzati e fatti costruire in pietra.

Il cosiddetto Limes Germano-Retico si estendeva imponente a difese dei territori compresi tra il Reno è il Danubio ma, per vedere completa questa mastodontica opera iniziata da Vespasiano, vediamo protagonisti diversi imperatori tra cui Traiano e Adriano che si prodigarono nell’estendere il muro per confinare all’esterno i tanto temuti Barbari che popolavano quelle desolate lande cosparse di piccole tribù ma, unite nello scopo di sconfiggere i Romani.

Nel terzo secolo però non mancarono le incursioni Barbariche da parte degli Alemanni, che costrinsero l’imperatore Gallieno a dover sacrificare una parte di territorio ed infine restringere il confine ai territori ad Ovest del Reno e a Sud del Danubio.

Il Limes germanico data la sua lunghezza diventa il secondo monumento più grande al mondo per estensione dopo la muraglia cinese. A causa della sua lunghezza, segnalare un pericolo da una parte all’altra poteva risultare difficoltoso. Grazie alle innumerevoli torri, si facevano segnali con torce infuocate ben visibili da una torre all’altra e, nella fitta nebbia germanica quando il fuoco veniva inghiottito nel buio, a riecheggiare nella foresta erano le trombe delle sentinelle, metodo acustico che si rivelò molto valido anche nel guidare le truppe in battaglia. Così facendo la comunicazione lungo il confine avveniva con estrema facilità ed efficienza.

Possiamo notare già in epoca Romana la fondamentale importanza di un confine non solo come difesa dai nemici, ma come limite alla civilizzazione, il Limes rappresentava la fine del mondo civilizzato dal mondo ignoto, e soprattutto la distinzione di diverse culture. Al giorno d’oggi invece sembra che i confini non abbiano più valore, ed il sangue versato per poterli segnare viene continuamente profanato.

Come ci insegna la storia della fondazione di Roma, Romolo non uccide Remo “solo” per il superamento di un confine. Romolo uccide Remo perché il confine che supera, violandolo, è sacro: il limite definisce lo spazio dell’io, quindi l’identità. Romolo quindi uccide il fratello per difendere l’Io più sacro di Roma. Romolo uccide per salvare tutti noi.

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