Khabib Numargomedov: Russia, integrazione e Impero

Per i fan delle arti marziali miste è un icona che non andrebbe ricordata, ma per i seguaci dello scacchiere politico è un elemento, nel senso più chimico del termine, dalla vastissima portata di reazioni.

Khabibbo

Khabib Nurmagomedov è un lottatore di stile MMA (“mixed martial arts”) che nella promozione più importante, l’UFC (“ultimate fighting championship”, ha registrato un record di quasi 30 vittorie consecutive, senza essere mai stato battuto.  A livello mediatico la faida verbale tra lui e un altro atleta degno di nota, Connor McGregor, anch’esso con un notevolissimo record di incontri vinti, ha portato questo combattente sulla bocca di tutti per un’enorme quantità di motivi, tra cui moltissimi politici, e soprattutto la religione.

Khabib infatti nasce nel Daghestan, Stato Membro della Federazione Russa, il 20 Settembre del 1988. Appartiene all’etnia àvara ed è mussulmano sunnita, dalla fortissima fede. Parrebbe strano a tutti coloro che pensano la Russia come un paese pericolosamente chiuso vedere l’entrata di questo combattente nell’arena: in testa il copricapo tipico degli ussari il “pampakha”, sulle spalle la bandiera russa, e subito dopo l’entrata in ottagono un umile bacio sulle dita prima e portato al cielo poi, ovviamente in omaggio di Allah, che non solo è un punto di forza per il daghestano, ma è anche una baia sicura a cui dedica ogni sua vittoria, che, dato il suo record, non sono nemmeno poche.

Da fuori, coerentemente con la prevalenza religiosa nella Federazione, ci si aspetterebbe di vedere una Russia fortemente e quasi unicamente cristiana ma invece Khabib, così inserito dentro la promozione americana figlia dei più letali metodi neo liberisti del mercato statunitense (molto spesso soggetta infatti a critiche dovute al suo, pesante, quantitativo di politiche di marketing), ci rivela il volto di una Federazione che forse realmente non conosciamo ma che a livello di integrazione, soprattutto religiosa, è solidissima.

Khabib non riceve nessun tipo di discriminazione in patria per via della sua fede islamica. Anzi, Putin stesso dopo la vittoria contro il summenzionato atleta, l’irlandese Connor mcGregor, lo accolse a palazzo per congratularsi con lui. Questa vicenda può davvero farci riflettere molto: oggi in Europa (s’intenda, non la zona spiritualmente europea, ma quella incatenata insieme dall’euro) l’immigrazione è un argomento assai discusso per vari motivi, dal punto di vista economico, sociale ma anche morale per il pericolo che suscita, con una soluzione multiculturale, nei confronti della salvaguardia delle tradizioni. Moltissimi infatti sono gli esponenti, solitamente appartenenti alla sinistra social-democratica ma anche alla cosiddetta Nuova Destra francese, che prediligono di fronte al problema dell’integrazione delle masse immigrate, la soluzione multiculturale ovvero il far convivere in microcosmi le culture immigrate sul nostro suolo.

A ciò si oppone la visione assimilazionista, ovvero che vorrebbe il completo adattamento, salvo la sfera più privata, dell’immigrato alla cultura locale, visione rafforzata  anche dai fallimenti del modello precedente, come avviene infatti nelle banlieu francesi ove, stando agli episodi raccontati da Dominique Venner nell’introduzione a “Samurai d’Occidente”, si è via via creato un microcosmo quasi troppo solido e stabile all’interno del macrocosmo francese, quasi un enclave.

La Russia, d’altro canto, è la prova più tangibile di quanto un’altra soluzione sia possibile che prende il nome di soluzione “imperiale”: nell’Impero Romano, e a tratti anche nell’Impero Coloniale Italiano (ma solo in parte a causa della sua breve durata), le culture sottomesse venivano preservate ma sopra di esse, come una sorta di collante culturale, veniva posto per primo il diritto romano e poi la cultura romana stessa.

Questo esempio storico dimostra come le due visioni precedentemente trattate, la visione multiculturale e quella assimilazionista, siano in realtà entrambe errate nella loro parzialità. Al contrario, sono combinabili, e coniugabili e Khabib Numargomedov ne è una prova: per lui la scelta non è di essere un mussulmano daghestano in un paese a prevalenza russa e cristiano-ortodossa, ma anzi l’essere russo è una caratteristica che sta sopra alla fede mussulmana e all’appartenenza al Daghestan.
Khabib Numargomedov ha un legame fortissimo con la sua cultura àvaro-islamica e ciò lo rende parte di quel mosaico  fortemente unito che è lo stato russo.

E questo ci può insegnare molto. Prima di caddere in banali discorsi quali l’impossibilità di un reale Stato europeo in fronte alla mancanza di tradizioni unitarie ecc. potremmo vedere come, sebbene tradizioni comuni esistano veramente, non siano quelle la condizione necessaria ad una reale unione.
Anche nel drammatico caso di dover costruire un senso d’appartenenza “ex novo”, potremmo sempre trovare un nazionalismo superiore a tutti gli altri, che coniughi ogni stato e che faccia sentire ogni italiano, francese, tedesco, belga, greco, svedese, croato, spagnolo eccetera, parte di qualcosa di superiore: l’Europa.

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