Europa: Impero, Grande spazio

Nel momento storico attuale, il dibattito politico è essenzialmente di due tipi: il primo, il minore, quello meno appassionante – ma non di meno necessario da presidiare – è costituito dalla lotta alla dissoluzione imminente. Lo scandalo (forse solo nelle sue fasi iniziali) degli affidamenti dei bambini si accompagna con le scene, a dir la verità un po’ isteriche, della presunta Moscopoli e del dibattito su quanto sia cattivo e intrinsecamente sbagliato un particolare esponente dell’attuale Governo italiano.
UEvsSRIIl secondo spunto di discussione, molto più vicino al nucleo centrale della decisione politica, riguarda il nostro futuro non come singoli, ma come comunità organizzata. In questo senso, il dibattito è incentrato sulla triade di livelli che dall’antichità caratterizzano la vita associata in questo angolo di mondo: il rapporto tra Europa, Nazione e realtà territoriale (regionale). Ora, questi spazi, questi livelli, attualmente sono presidiati dall’Unione Europea, dallo Stato nazionale, e dall’ente Regione. Con le dovute proporzioni, questi concetti sono le alternative “moderne” di tre enti assai diversi: la tribù, il Regno (e la Nazione), e l’Impero.

La tribù, che in Europa si riconosce nella dimensione fondata su un proprio centro urbano, è, per definizione, pura ethne. Il Regno è ethne collegata alla dimensione sacrale. Sostanzialmente, il Regno è fondato sulla struttura etnica ed è autoconcluso in essa. Machiavelli concepisce la “Nazione”, un elemento intermedio (fino al Novecento a prevalente guida monarchica) tra la tribù e l’Impero. La Nazione viene fondata sulla storia comune, sulla stirpe condivisa, su dei confini chiari, sulla lingua.
Ma l’Impero, l’Impero non è una grossa Nazione. L’Impero è qualcosa di diverso, sotto più profili. Innanzi tutto, tutti gli autori concordano che l’Impero sul fatto che dire Impero voglia dire pluralità di etnie. Non si può dare l’idea di “Impero” senza ammettere l’idea di una differenziazione interna. Data la differenziazione interna, si dà, quasi automaticamente, una gerarchia interna. C’è sempre un nucleo guida, un popolo centrale che riesce a fare da federatore. Ma, al tempo stesso, queste necessarie condizioni non sono pienamente sufficienti.

La funzione politica propria dell’Impero è una funzione di centro di gravitazione e di stabilizzazione esercitata al suo interno ma, soprattutto, ai suoi confini. L’Impero non si pone come elemento autoconcluso, vaso di ferro tra i vasi di ferro, ma quale mozzo centrale della ruota, con l’obiettivo di salvaguardare tutte le sue componenti etniche e di stabilizzarle, e di fare altrettanto con i popoli concretamente confinanti.
In questo senso, uno studioso come Tiberio Graziani nota che essere realtà geopolitiche mondiali di grande estensione e coincidenti con i grandi flussi economici non basta a meritare il titolo di “Impero”, malgrado alcuni problemi geopolitici siano molto simili. Non sono Impero i signori del caos statunitensi, che prosperano nella destabilizzazione altrui, sono la diretta antitesi di tale concetto; non sono Impero i russi, che a fatica organizzano il loro grande spazio. L’India ha problemi simili. Rimane la Cina, che sta cominciando a pensare alla possibilità di rivendicare una funzione-guida nuovamente e autenticamente imperiale.
E l’Europa?

L’Europa davanti alla scelta del suo futuro

E poi c’è l’Europa, che ha ordinato il mondo, lo ha, bene o male, pacificato sotto un ordine. Prima di poter ordinare il mondo in modo acconcio – diverso cioè dalla semplice attività di sfruttamento delle risorse – l’Europa costituisce uno schmittiano “Grande Spazio” e, pertanto, ha la necessità storica di ordinare sé stessa in modo tale da avere la concreta possibilità di incidere nel mondo. A tale proposito, è opportuno esaminare le possibili alternative. Esse sono essenzialmente tre: l’attuale Unione Europea, l’Europa Nazione e una costruzione (non solo) politica, di tipo imperiale.

L’attuale Unione Europea è un organismo che gestisce in modo complesso, unitario e relativamente inefficace quelle questioni economiche che sfociano nelle conseguenze della weltpolitik. Malgrado abbia un paravento politico, la struttura dell’Unione è tale da non consentire la coagulazione di un efficace potere politico, indipendente e sovraordinato agli Stati Membri. La struttura dell’Unione, malgrado l’obiettivo centro di potere rappresentato dalla Commissione, è al tempo stesso intergovernativa e completamente orientata all’economia, peraltro secondo una concezione piuttosto problematica.

L’ipotesi riassunta dal motto dell’Europa Nazione, per quanto sia uno slogan invero possente e denso di significati nella storia di un intero mondo, politico, culturale e militante, rischia di essere fuorviante. Se ci si rifà al concetto machiavelliano della Nazione, per come rinnovato da Federico Chabod, l’Europa non è né una comunità etnica (se non alla lontana), né una comunità linguistico-culturale. La nozione di “governo europeo”, se si eccettua l’embrione rappresentato dalla Commissione; e comunque ogni ipotesi di centralizzazione sufficiente, e di esclusività del ruolo di depositario ultimo della legittimità, è negata dalla stessa storia e dalla stessa geografia d’Europa. Un governo federale ispirato, non solo nell’architettura istituzionale, ma anche nei valori fondanti, agli USA è da non potersi prendere in considerazione per il semplice fatto che gli USA nascono direttamente e in opposizione all’Europa, al “vecchio”, “decadente” mondo fatto di Troni e di Altari, di tensione politica sopra l’economia, etica sopra la politica, spirituale sopra l’etica, e sacrale sopra lo spirito.

Al di là dell’equilibrio istituzionale concretamente prescelto, che può ben rassomigliare alla struttura federativa (al punto tale che Guillaume Faye parlava di una “Federazione Imperiale” come destino futuro), rimane un solo modello di organizzazione di un “grande spazio” come è nei fatti l’Europa. Questo modello di organizzazione è l’Impero.
Quando si implica il concetto di Impero, poco sopra richiamato, si possono intendere una varietà di esempi storici, che però sostanzialmente si riferiscono a due archetipi di fondo: un impero concepito come mera struttura politica e un Impero concepito come terminale di un ordine superiore.

L’idea di Impero

L’Impero può avere un carattere puramente politico-legale o può anche avere una natura spirituale. Considerando solo il carattere politico-legale, l’Impero è un’organizzazione meramente politico-amministrativa. In questo approccio, la qualità, le culture e le tradizioni specifiche delle diverse nazioni raccolte dall’impero non vengono lese, per il semplice fatto che l’impero rimane, rispetto a loro, indifferente e apatico. Non essendo un fattore né culturale né spirituale, non opprime perché si limita a non incidere sulle tradizioni. Questo tipo di impero, a questo proposito, ha interesse per la semplice organizzazione politico-amministrativa e la mera sovranità giuridica.
L’imperialismo capitalista occidentale è un esempio di impero privo di elementi spirituali; garantisce la libertà delle persone di agire come meglio credono, purché vengano rispettate alcune leggi generali. Un esempio caratteristico di questo tipo di impero o, meglio, di imperialismo è l’impero britannico di un tempo e l’egemonia nel caos di marca statunitense.

Se invece l’Impero ha anche una natura spirituale, in esso l’unità è determinata facendo riferimento a qualcosa di spiritualmente superiore alla singola etnia: l’Impero cioè può esistere in modo compiuto se, e solo se, è animato da qualcosa che fa appello alla stessa profondità spirituale in cui sorge la stessa religione. La spiritualità dell’Impero non è necessariamente connessa a una singola religione, ma il punto di riferimento va oltre quello di una singola fede religiosa: l’Impero propriamente detto, quello caratterizzato dalla natura spirituale, è concepito come un’opera di forze dall’Alto, dalla dimensione del Sacro, verso il Mondo.
In termini politici, la summenzionata funzione di mozzo della ruota, assunta dall’Impero, trova la sua ragion d’essere nella valenza spirituale che viene condivisa dalle culture che costituiscono l’Impero stesso.
In questo caso, il cittadino imperiale non è un concetto puramente legale, ma anche e soprattutto una realtà etica, un modello umano universalmente praticabile. All’interno di un Impero fondato su un criterio spirituale, la protezione delle popolazioni soggette, delle loro tradizioni e culture è garantita se viene data una Fedeltà (o Fede) di ordine superiore: il soggetto di questa Fedeltà è la stessa unità trascendentale e spirituale dell’Impero. La fedeltà e lealtà a questa unità trascendentale e spirituale e ai suoi simboli dai popoli soggetti all’Impero è la condizione fondamentale per la conservazione e la protezione. Con questa fedeltà e lealtà giurate in modo così sacro, qualsiasi fede o tradizione particolare in quelle nazioni, purché non offenda o offenda l’etica e la legge generale, viene accettata e rispettata.
La migliore tradizione europea dell’impero ha la sua etica, la sua spiritualità, il suo tipo umano, la sua aspirazione a tradurre, in termini di volontà dominante, il senso di una realtà permanente e universale. L’Impero, nella sua concezione propria, è un’organizzazione sovranazionale (meglio: plurietnica) tale che in essa l’unità non agisca in modo distruttivo e livellante rispetto alla diversità etnica e culturale che racchiude, ma al contrario che riesca a valorizzare nell’unità ogni possibile diversità. Il principio dell’Impero, secondo questa concezione spirituale di tipo europeo, garantisce il simultaneo riconoscimento e il superamento di ogni particolare specificità delle nazioni, da organizzare in nome della suprema idea imperiale. L’Impero si basa quindi su una concezione dell’Unità che dovrebbe impedire qualsiasi forma di elevazione assoluta del singolo elemento; l’Unità deve quindi essere essenzialmente spirituale, e in quanto spirituale anche politica: un’influenza centrale a fare da guida, un impulso che assume le più svariate forme di espressione in base alle condizioni specifiche.
L’autore di origini francesi René Guénon riconosce nella Tradizione un ulteriore elemento per caratterizzare l’Impero come tale: la presenza, a garantire l’equilibrio medesimo, del “Re del Mondo”.

Date queste premesse, viene da individuare a chi può spettare il ruolo di fondatore dell’Impero. In un contesto caratterizzato dall’originaria incomunicabilità tra compagini etniche e di unità organica all’interno di esse, Julius Evola afferma che il ruolo di fondatore spetti a una singola compagine etnica. Un dato popolo diventa il fondatore di un vero impero quando il popolo è in grado di andare oltre se stesso e la sua brama di potere strettamente nazionale. Il popolo “imperiale”, o quanto meno il suo archetipo, si posiziona lontano sia dalle sue particolarità che da quelle di altri popoli: non un particolare contro un altro particolare, ma l’universale contro il particolare. Questo approccio implica che la razza imperiale (e superiore) abbia una missione sacra, ma questa missione è diametralmente opposta alla semplice espansione nazionale e al potere egocentricamente nazionale. Si viene così a creare una dicotomia tra “particolarismo” e “universalismo” (inteso nel senso differenziato): è particolaristico ciò che è soggettivista, sentimentale, “idealista” o addirittura utilitaristico. È universale ciò che è puro, o purificato, da tutti questi elementi e che può essere tradotto in termini di pura obiettività. Un simile Impero si realizza nel momento in cui, con l’universalità come conoscenza razionale propria di un popolo, anche l’universalità come azione concreta viene portata a termine. Nelle due condizioni necessarie al compiersi dell’Impero (conoscenza e azione universali), eroismo e santità trovano le basi.

L’Impero nella prospettiva europea: il ruolo federatore del Katéchon

Questa struttura è stata propriadel mondo antico fino, in modo particolare, alla fine dell’Impero romano. Già nel Medioevo, tuttavia, la concezione di un popolo chiamato a realizzare una specifica missione imperiale in ambito europeo è andata perdendosi.
Il Sacro Romano Impero fu la più compiuta espressione imperiale europea post-romana, pur differenziandosi dall’archetipo tradizionale per la mancanza di un Re-Sacerdote, di un cakravartin terreno: la teologia cattolica attribuisce questo ruolo esclusivamente a Cristo, e tanto il Papa quanto l’Imperatore sono i vicari di Cristo, ognuno nello specifico ambito. L’attribuzione cristiano-medievale del ruolo di Re-Sacerdote, ordinatore dell’universo, a Cristo produsse uno spostamento: se nell’antichità il Signore del Mondo era un essere umano, per quanto superiore, dalla natura immanente, ora il Signore del Creato è rimosso dall’immanenza e assume pienamente i caratteri trascendenti.

Giovanni Balducci, in particolare, esamina quanto proposto da Carl Schmitt, ossia che: «l’impero del medioevo cristiano dura fintanto che è viva l’idea del Katéchon», vale a dire finché perdura l’idea di un fattore che avversi e che cerchi con successo di opporsi all’avvento dell’Anticristo. Assieme alla Chiesa, l’Imperatore è a pieno titolo un Katéchon, e, in quanto chiamato a ordinare il mondo, condivide con il Papa l’insegna del Globo Crucigero: è cosmocratore.
Parlando di Cosmocratore, è inevitabile pensare al grande continuatore dell’esperienza romano-cristiana: l’Impero detto bizantino. Anche a Bisanzio, l’Imperatore, secondo le stesse linee, ma con diversi esiti, assumeva a pieno titolo il ruolo di Katéchon e, in quanto tale, era chiamato a governare la parte del Creato dotata di un ordine dato da Dio per rallentare l’Anticristo: era chiamato cioè a reggere il Kosmos, mentre a Dio, nella concezione imperiale che si definì sempre “romana”, spettava il governo tanto dell’ordine quanto della parte del creato a cui non era stata attribuito un ordine. Il reggente di tutto, Pantocratore, titolatura di Cristo invero assai ricorrente.

Accertata quindi la transizione dal signore del mondo immanente al rapporto tra la regalità di Cristo e la figura del Cosmocratore e Katéchon, rimane da esaminare il veicolo concreto della costituzione dell’Impero. L’evoliana “razza imperiale” scompare già nel Medioevo dall’orizzonte della storia europea. Pur affondando le radici originarie nell’azione travolgente di conquista del popolo germanico dei Franchi, il Sacro Romano Impero si è progressivamente caratterizzato come una costruzione essenzialmente italo-germanica, con il centro ben saldo nell’area germanica dagli Ottoni in avanti, e con la significativa eccezione dello Stupor Mundi, Federico II. Si è venuta quindi a creare una sostanziale assenza di un popolo che garantisse la trazione imperiale; l’ultimo Imperatore pienamente medievale, Carlo V d’Asburgo, si sottrasse appieno all’esclusivismo etnico. Anche nella Monarchia multinazionale asburgica – impero in senso proprio e nominalistico solo dal 1804 al 1918, ma concretamente da ben prima – pur avendo il popolo tedesco una un ruolo di primo piano, mancò nell’azione federativa imperiale una componente etnica chiara.
È quindi evidente che il concetto di un’etnia imperiale, in modo particolare in un contesto europeo caratterizzato dalla durata ormai plurisecolare dei nazionalismi, possa essere sostituito dal concetto – moderno ma allo stesso tempo assai antico – di un’avanguardia, di una particolare élite che sia interiormente ordinata e tecnicamente preparata, orientata alla riscoperta, alla ricostruzione e alla ricostruzione di un’idea autenticamente federativa, e allo stesso tempo discendente da principi che vadano ben oltre l’innegabile convenienza politica di coagulare le risorse continentali, ma discendano dalla missione storica attribuita agli Europei: ordinare lo spazio globale per garantire al mondo intero un cammino verso la comune prosperità, verso un ordine politico giusto e verso una difesa del Sacro dalle nequizie.

La comunità imperiale europea

L’unificazione europea è da realizzarsi per tramite di un federalismo imperiale.
La futura comunità europea ordinata secondo il principio imperiale, in presenza cioè di un Impero ordinato in senso spirituale, rappresenterà un nuovo tipo di ordinamento dei popoli europei che la comporranno. Si tratterà di un nuovo organismo politico complesso, allo stesso tempo assai più semplice e assai più sofisticato della per ora declinante Unione Europea. Assai più semplice perché l’auspicabile, futuro Impero europeo non avrà la necessità di percorrere improbabili equilibrismi fondati sul vuoto morale-etico attualmente imperante.
Assai più sofisticato, in quanto il necessario ordine futuro sarà un rinnovato corpus misticum, formato da parti diverse, che tuttavia, pur contribuendo al raggiungimento degli stessi obiettivi comuni e ottenendo ciascuno il proprio vantaggio, non sono allo stesso livello, ma invece ridimensionati secondo la loro vicinanza agli ideali medesimi. Queste parti sono certamente in primis le Nazioni o, meglio, i popoli, ma, al fine di disarticolare il particolarismo di ogni specie, anche le categorie sociali convenute ed organizzate in modo complessivo.
Nessuna parte di questa “Comunità Imperiale” ha o avrà la funzione di un mero strumento, né è soggetta a sfruttamento; tutti partecipano allo scopo comune e ai vantaggi comuni, secondo la tradizione di associare i partecipanti all’Impero al medesimo destino.
In conformità all’idea di impero quale polo spirituale e centro di gravitazione politica per le sue componenti, le competenze della comunità europea ordinata secondo il principio imperiale saranno, devono essere ordinate secondo la declinazione autentica di questa concezione: in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas. Toga, moneta e spada saranno direttamente al servizio della classe dirigente centrale, le restanti competenze verranno attribuite al livello più efficace per la cura dell’interesse generale che servono.

In nome di tutto ciò che c’è di buono a questo mondo, per conto dell’Europa e realizzato da una nuova élite.

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